
Il ministro Di Maio è in rotta con il Movimento Cinque Stelle. Per la verità, da quando non è più lui il capo e da quando continua a riproporsi anche per lui la questione del divieto del terzo mandato, il ministro spesso non appare in sintonia con il movimento di appartenenza. L’attuale argomento di tensione è rappresentato dall’invio delle armi all'Ucraina. I Cinque Stelle hanno qualche mal di pancia, Di Maio è totalmente allineato con le posizioni del Presidente Draghi. Il merito della questione merita una riflessione approfondita a parte. Il punto è se, ed in che modo, i ministri debbono rispondere ai partiti di appartenenza. A mio avviso, il dissenso, certamente legittimo, dovrebbe portare ad un abbandono dell’incarico di governo in rappresentanza del partito (ovviamente parliamo di differenze sostanziali sulla linea politica, non di singole questioni di coscienza). Il contesto di oggi, però, è totalmente anomalo e porta non ad uno, ma a due paradossi: a) Di Maio rimane ministro nonostante una rottura con il Movimento che appare insanabile; b) il Movimento Cinque Stelle rimane ugualmente al governo nonostante sbandieri una (apparente) diversità politica. Viene da chiedersi, ma esiste ancora la politica?
Buona domenica e buona settimana.
Roberto Cota


